mercoledì 1 agosto 2018

L'ISOLA DEL FARO Abby Geni Recensione

L’isola del faro è un romanzo struggente, cupo e profondo che non va affrontato in maniera superficiale. Tanti sono gli spunti di riflessione che offre, come pure molteplici sono le vie di fuga dall’oscuro oblio che ci propone. Si parla di perdita sì, ma anche di rinascita, si parla di cadute, ma anche di risalite. Non fatevi ingannare dalle tinte noir della narrazione, piuttosto lasciatevi andare. Non ne rimarrete delusi.



LONGANESI
L’ISOLA DEL FARO 
Abby Geni

Traduzione a cura di Aurelia Di Meo
Casa editrice: Longanesi
Collana: La gaja scienza
Genere: Giallo
Pagine: 312
Prezzo: 18,60€
Ebook: 1.99€



Trama

Attratta dal fascino della natura estrema delle isole Farallon, il remoto arcipelago al largo della costa californiana, Miranda decide di trascorrervi un anno intero per immortalare il paesaggio e gli animali che lo popolano. Miranda è infatti una fotografa naturalista che ama girare il mondo spinta anche da una costante inquietudine, originata da una ferita nel suo passato.
Quando sbarca su una delle isole, riceve un’accoglienza molto fredda da parte dei pochissimi abitanti, un gruppo di biologi impegnati nello studio della fauna locale. Circondati dalle forze che agiscono incontrastate su un luogo dimenticato dalla civiltà, i ricercatori sembrano quasi essersi adattati a quella vita, assorbendone la violenza e l’asprezza. Finché un giorno Miranda rimane vittima di una brutale aggressione da parte di uno dei ricercatori, che poco dopo verrà ritrovato morto. Apparentemente per un incidente.
Ancora sotto shock, Miranda si convince che l’isola, con la sua forza incontaminata, abbia fatto giustizia, che l’abbia vendicata. Cercherà quindi di pacificarsi con il suo passato e con quello che ha subito. Ma quando il sangue tornerà a scorrere sulle Farallon, nessuno potrà più dirsi al di sopra di ogni sospetto. 
L’isola del faro sovverte la tradizionale struttura del romanzo giallo – un ambiente isolato, un gruppo chiuso di personaggi ostili, una morte solo apparentemente accidentale – affrontando temi più vasti, come il mondo della natura, il dolore della perdita e la successiva rinascita. Un esordio che con il suo passo sicuro e le atmosfere sottilmente inquietanti ha incantato la critica americana.



Opinione di Sybil


Miranda sta scappando. Scappa dalla sua vita, da un evento traumatico. E mentre scappa scrive delle lettere, lettere che purtroppo mai raggiungeranno il destinatario. Si nasconde dietro il suo obbiettivo e scatta istantanee della realtà che la circonda. Con occhi disincantati e chirurgici, taglia a fette la natura, la disseziona, cercando nelle sue fotografie l’immagine che vuole dare del mondo. Quando Miranda arriva nelle isole Farallon, capisce di essere approdata nel luogo giusto per praticare la sua professione di fotografa. La natura selvaggia, il suono del vento, la minaccia costante dei pericoli che la circondano, il susseguirsi delle stagioni. Tutto è come l’aveva sempre sognato. Si stabilisce nel rifugio dell’isola, condividendolo con i biologi che lì soggiornano da molto tempo prima di lei. Ogni cosa sembra procedere per il meglio fino a che un nuovo evento traumatico viene a bussare alla sua porta. Da quel momento in poi, tutto il suo dolore torna a galla, inondando la sua intera esistenza e mettendo in dubbio ogni cosa, distorcendo la realtà fino a trasformarla in ciò che non è. Dall’altra parte, come se fosse uno specchio, c’è la natura.
La natura selvaggia è sempre un ingrediente che fa la differenza nei romanzi gialli, ma in questo caso lo è ancor di più perché non fa che marcare le tinte noir dell’intera narrazione, permettendo al lettore di perdere il contatto con il mondo che lo circonda. Sinceramente ciò che più ho apprezzato della trama non è stato tanto lo svolgersi degli avvenimenti, divenuti prevedibili già dopo i primi capitoli, quanto l’ambiente delineato dall’autrice. La dettagliata descrizione dell’arcipelago delle isole Farallon, gioiello selvaggio e inospitale al largo della costa della California, la violenza della stagione dei gabbiani, l’inquietudine dell’arrivo degli squali, la sovrabbondanza dei leoni marini e la spietatezza del loro istinto naturale, tutto ha contribuito a rendere questo romanzo intenso e a trasformarlo in un prisma dai mille volti. Quello che secondo me l’autrice vuole trasmettere al lettore non è tanto  il capire se c’è stato un colpevole, andando poi a scoprire la dinamica di un eventuale omicidio con i suoi moventi e con le sue false testimonianze, quanto infondere in chi legge il messaggio che tutti noi, umani e animali, in mezzo alla natura selvaggia finiamo per comportarci allo stesso modo. Sopravvivenza, abbandono, perdita. Quello che ci contraddistingue dagli animali è l’istinto. Il loro è innato, puro e per quanto spietato, governato da leggi che noi possiamo solo studiare e non comprendere appieno, mentre il nostro è guidato e dominato da ciò che determina il nostro io più profondo.
I biologi nel rifugio dell’isola studiano gli animali senza interferire nella loro vita, lasciando morire uno squalo ferito o facendo smarrire un cucciolo di leone marino al largo della costa. Allo stesso modo e forse, senza rendersene conto, i biologi si studiano a vicenda, osservando il comportamento di un branco di esseri umani adulti rinchiusi nei limiti naturali di una terra selvaggia, in cui anche una semplice passeggiata al tramonto può diventare fatale, dove i gabbiani possono davvero trasformarsi in assassini, molto più degli squali o delle onde impetuose dell’oceano. E cosa traspare alla fine di tutto? L’immensa fragilità umana. 
La similitudine che si crea è sconvolgente e a tratti pure destabilizzante. Come i biologi osservano e studiano senza interferire, così anche un qualcosa che sta sopra di noi, sopra tutto, sopra ogni cosa, ci osserva e ci studia, senza intromettersi nelle nostre decisioni. Ogni essere vivente è unico e tremendamente solo, forte dei legami che lo tengono ancorato a terra, ma abbandonato a se stesso.
Diciamo che L’isola del faro non è una lettura che consiglierei per le vacanze, perché a differenza di un comune giallo è il lato introspettivo e il costante paragone di cui poco fa vi ho parlato a prendere il sopravvento. Ma non appena le vostre vacanze saranno finite, quando incomincerete ad archiviare costumi da bagno, creme solari e lettini, vi consiglio di andare in libreria e di comprare questo libro. Sono tanti gli spunti di riflessione che offre. 




L'autrice



ABBY GENI si è laureata presso la Oberlin University e l’Iowa Writers Workshop (University of Iowa). Grazie ai suoi scritti si è aggiudicata il Glimmer Train Fiction Open e il Barnes & Nobles Discover Great New Writers 2016. Vive a Chicago. L’isola del faro è il suo romanzo d’esordio.




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