Un racconto così intenso da sembrare soffocante. La storia di Hana ed Emi mi ha completamente travolta, lasciandomi priva di parole per il dolore, la sofferenza e la vergogna che milioni di donne hanno dovuto subire solo perché donne. Figlie del mare è una denuncia per tutti gli abusi che quotidianamente vengono compiuti verso bambine e donne e per una pagina della storia che tutt’ora viene insabbiata e nascosta.
Longanesi
FIGLIE DEL MARE
Mary-Lynn-Bracht
Traduzione di K. Bagnoli
Collana: La Gaja scienza
Genere: Storico drammatico
Pagine: 370
Prezzo: 18,60
Ebook: 9,99
Trama
Corea, 1943. Per la sedicenne Hana sapere immergersi nelle acque del mare è un dono, un antico rito che si trasmette di madre in figlia. Nel buio profondo delle acque, è solo il battito del cuore che pulsa nelle orecchie a guidarla sino al fondale, in cerca di conchiglie e molluschi che Hana andrà a vendere al mercato insieme alle altre donne del villaggio. Donne fiere e indipendenti, dedite per tutta la vita a un'attività preclusa agli uomini. Nata e cresciuta sotto il dominio giapponese, Hana ha un'amatissima sorella minore, Emi, con cui presto condividerà il lavoro in mare. Ma i suoi sogni si infrangono il giorno in cui, per salvare la sorella da un destino atroce, Hana viene catturata dai soldati giapponesi e deportata in Manciuria, dove verrà imprigionata in una casa chiusa gestita dall'esercito. Ma una figlia del mare non si arrende, e anche se tutto sembra volerla ferire a morte, Hana sogna di tornare libera. Corea del Sud, 2011. Arrivata intorno agli ottant'anni, Emi non ha ancora trovato pace: il sacrificio della sorella è un peso sul cuore che l'ha accompagnata tutta la vita. I suoi figli vivono un'esistenza serena e, dopo tante sofferenze, il suo Paese è in pace. Ma lei non vuole e non può dimenticare... In Figlie del mare rivive un episodio che la Storia ha rimosso: una pagina terribile che si è consumata sulla pelle di intere generazioni di giovani donne coreane. E insieme vive la storia di due sorelle, il cui amore resiste e lotta nonostante gli orrori della guerra, la violenza degli uomini, il silenzio di oltre mezzo secolo finalmente rotto dal coraggio femminile.
opinione di Persefone
«Sono una haenyeo» disse lei, guardandolo con furore. Le parole le salirono alle labbra come una confessione. «Come mia madre, e come sua madre prima di lei. Come lo saranno un giorno mia sorella e le sue figlie...ero solo una donna del mare, nient’altro. Né tu né nessun altro potete togliermi questo»
Ho ancora le lacrime mentre scrivo le mie impressioni su questo romanzo così intenso e straziante. La sofferenza che sono costrette a subire le due sorelle, Hana ed Emi, è perpetua e sconvolgente. Non esistono abbastanza parole per descrivere l’orrore di quello che realmente hanno subito oltre 200 000 donne coreane e cinesi. L’essere rapite, vendute e sfruttate come schiave sessuali; considerate beni di prima necessità per i soldati giapponesi.
La potenza del romanzo si cela proprio nella denuncia, nello svelare senza mezzi termini lo squallore e l’indecenza di certe realtà. Sottolineare che la guerra porta con sé solo morte e dolore, da entrambe le parti. Fratelli che si trasformano in nemici, i vicini di casa che diventano sospetti nei tuoi confronti, denunce infondate, fame e solitudine.
L’aspetto che l’autrice ha voluto evidenziare tramite il personaggio di Emiko è la rilevanza fondamentale della testimonianza e del ricordo. Bisogna raccontare per non far cadere nell’oblio le atrocità che milioni di donne hanno patito e continuano a patire ogni giorno in tutto il mondo.
È stato straziante sapere che l’unico appiglio delle ragazze per sopravvivere erano le loro famiglie. Il ricordo delle risate di Emi sono state lenitive per il cuore ferito di Hana, l’hanno spinta a non lasciarsi morire, a continuare a lottare per la sua dignità e per la speranza di rivedere un giorno i visi dei suoi cari. L’unica forma di gentilezza era la compassione che le ragazze dei bordelli condividevano tra loro,l’unico sentimento che le facesse ancora sentire degli esseri umani e non delle bestie.
La scrittura dell’autrice è fluida ed incalzante; alterna momenti di poesia tramite i ricordi di Hana dell’isola di Jeju ai racconti diretti e senza filtri delle violenze subite nei bordelli.
Forse l’aspetto che mi ha realmente toccato è stato il legame indissolubile tra le due protagoniste. Unite nella loro sorte di dolore e maltrattamenti, si aggrapperanno all’amore che le ha sempre legate per sopravvivere. Non lo sapranno mai, ma sono state l’ancora l’una per l’altra.
È stato per me un sollievo sapere che Hana, alla fine del suo tormento, abbia incontrato persone gentili. Ho realmente gradito che l’autrice le abbia donato una parvenza di serenità. Non avrei sopportato vederla spegnersi da sola, lontano da casa.
Figlie del mare è una romanzo potente e straziante, una lettura difficile e toccante. Mi sono sentita travolta e soffocare dall’intensità di questa testimonianza. I sentimenti che trasmette sono travolgenti e il dolore di queste ragazze è palpabile. Bisogna ricordare e lottare per avere giustizia, per tutte quelle ragazze strappate dalle loro famiglie e sfruttate come schiave.
“Lei era arrivata proprio a bordo di uno di quei treni, classificata come generi di prima necessità sulla lista dei rifornimenti”
L'autrice
Mary Lynn Bracht, scrittrice americana di origini coreane, vive a Londra. Tramite la madre, cresce a stretto contatto con una comunità di donne emigrate dalla Corea del Sud. Nel 2002 visita il villaggio dove è nata sua madre e lì sente parlare per la prima volta delle comfort women. Quel toccante viaggio e le successive ricerche hanno ispirato il suo romanzo d’esordio, Figlie del mare, in uscita in tutto il mondo.
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