lunedì 27 giugno 2016

LE CESOIE DI BUSAN: In tour con il potatore - Tappa #2: La relazione interculturale



Il romantico viaggio italo coreano prosegue sul nostro blog! Quella di oggi è una tappa davvero curiosa e ricca, che esalta la personalità di Karen Waves e il suo processo creativo , il suo modo di pensare aperto e anticonformista e il suo approccio  meditato e costruttivo nel trasmetterlo ai lettori. 
Lo spigliato contributo sotto riportato, è incentrato  sulla passione per la Corea e sul desiderio di raccontarla  nei modi e nei  tempi  cari all' autrice: pur volendo fare commedia rosa,  in Karen questo avviene senza stravolgere la realtà, senza incorrere in stereotipi/macchietta,  mostrando curiosità per differenze e analogie culturali,   rispetto per la mentalità diversa e interesse al confronto . Grazie a questo post è possibile comprendere con  chiarezza molti passaggi del romanzo -  contrasti , comportamenti , usanze differenti dalle nostre - che in altri romanzi probabilmente  sarebbero apparsi  poco giustificabili , ma che Karen  in virtù delle sue scelte narrative e delle sue convinzioni ha dotato  di coerenza e di plausibilità.
Vi avverto che :
- questo post oltre a molti spunti orginali  contiene una sorpresa che sono certa  allevierà l' attesa delle lettrici in attesa di conoscere il seguito della storia di Valentina e Won-ho

- rispondendo a una sola domanda semplice e curiosa potrete partecipare al GIVEWAY  di una copia digitale di Le cesoie di Busan
Buona lettura!!


TAPPA #2
LA RELAZIONE INTERCULTURALE


Quando presento Le cesoie di Busan a qualcuno che non ne ha mai sentito parlare, una delle prime cose che devo spiegare è che si tratta di una storia d’amore tra una ragazza italiana e un ragazzo coreano. E questo in genere porta a due reazioni diverse – da un lato la curiosità, perché in effetti, di relazioni come quella di Won-ho e Valentina, in letteratura se ne vedono poche; dall’altra una domanda: come ho fatto in termini pratici a scriverla? È stato difficile?
La risposta è senz’altro sì. Scrivere questo libro è stata un’esperienza bellissima ma non facile, e il tipo di relazione che ho scelto di raccontare ha contribuito senza dubbio alla complessità della sfida. E ho avuto paura: potevo io, che non avevo mai provato una cosa del genere, mettermi a scrivere una relazione interculturale, e poi su un personaggio non comune come un eroe orientale? E perché avrei voluto o dovuto farlo?
Il perché penso sia fondamentale – ho letto libri con relazioni interculturali stereotipate, anche un poco razziste, in cui alla domanda “Perché ha raccontato questa storia?” l’autore ha risposto “Perché ho pensato il personaggio così”.
Per me, almeno in questo, l’obiettivo era chiaro: mettere tutto l’amore che provo per la cultura coreana, l’attrazione per la bellezza particolare degli uomini coreani nella storia. Volevo raccontare di una ragazza italiana che come me ama entrambi, e che si trova a vivere questo interesse e questa passione in quella che è la sua vita reale. Allo stesso tempo, però, non volevo che questa fosse una relazione che si riduceva a se stessa, in cui l’unica cosa di cui gli innamorati avrebbero parlato fossero le loro differenze. Per questo ho reso Valentina già esperta della cultura coreana, in grado di parlare bene la lingua, e con più conoscenze coreane del solo Won-ho.
Da questo punto di vista Yae-rim, la coinquilina della protagonista, è stata fondamentale, funzionando da mediatore culturale tra Won-ho e Valentina, un’ulteriore radice in Corea e un’altra dimensione a cui guardare del paese. Per la lettrice, come per la protagonista, la Corea non diventa soltanto Won-ho ma tutto un paesaggio e una serie di legami anche di amicizia, un luogo di numerose sfaccettature in cui il suo amore per un uomo del posto diventa un aspetto della sua esperienza, non l’unico. Volevo il più possibile che Valentina non fosse soltanto un visitatore stupito e poi curioso, ma veramente un’abitante del luogo, sia pure per un tempo limitato.
E mentre partecipava alla vita del paese in cui si trovava, Valentina se ne vedeva cambiata. Vivere costantemente attraverso una lingua diversa dalla nostra è un’esperienza complessa, che ci altera sottilmente – la lingua in cui ci si esprime cambia il modo in cui si pensa e ci si esprime. Per Valentina, una ragazza un po’ sboccata, molto sicura di sé, vivere in Corea vuol dire cambiare il modo di parlare, più educato, ma anche quello di relazionarsi agli altri: vivere da stranieri in Corea vuol dire confrontarsi con quelli che sono i costumi locali e il fatto che non sono pensati per accomodarci. Per quanto educata, preparata, pronta, per Valentina vivere in Corea vuol dire pensarsi diversa, sapere sempre di essere fuori luogo e alterata da quello che è stata a casa. Se da un lato questo le dà la gioia della libertà, dall’altro comporta anche un senso di straniamento: per lei tutto quel che succede in Corea, e Won-ho stesso, hanno un che di precario, irreale, che le rende la storia d’amore più difficile da gestire.
Mi sono preoccupata di descrivere la relazione e la cultura di questo setting diverso attraverso gli occhi della mia protagonista italiana, ma volevo fare anche il contrario, ovvero pensare a come lei sarebbe stata vista dagli occhi del suo innamorato coreano. Proprio da questo pensiero ho cominciato a scrivere Bad Girl, ovvero i primi capitoli delle Cesoie, e quindi i primi incontri di Won-ho e Valentina, dal punto di vista di Won-ho.
Vedere Valentina attraverso gli occhi di Won-ho è stata un’esperienza illuminante ma a volte difficile. Come noi abbiamo certi stereotipi riguardanti i coreani (e gli asiatici), i coreani hanno certi stereotipi su di noi, e il modo in cui un ragazzo di Busan potrebbe vedere una ragazza italiana ne è inevitabilmente condizionato.
Anche se è stato doloroso pensare a come qualcuno cresciuto in una società conservatrice come quella coreana, anche se di mentalità aperta, avrebbe potuto considerare a volte l’attitudine disinvolta di Valentina, ho dovuto tenerlo in considerazione. Won-ho ama Valentina al di là del suo stesso retroterra culturale, e questo complica e scurisce la nostra idea di lui, la rende più sfaccettata e articolata.
Inoltre, oltre alla questione culturale, sono sempre stata cosciente del fatto che un lato fondamentale del libro sarebbe stato descrivere Won-ho. Quando ho provato a parlare dei miei attori di k-drama o cantanti di k-pop preferiti, le mie amiche italiane almeno all’inizo mi hanno dato sempre la stessa risposta: gli orientali non erano attraenti per loro. Se li immaginavano tutti uguali, sempre bassi, magrolini, con gli occhi piccoli e poco pelosi (risata). La mia sfida era questa: far conoscere alle mie lettrici Won-ho come eroe attraente, non come un’eccezione ma piuttosto come rappresentante di una bellezza diversa ma comunque apprezzabile.
Per questo ho evitato l’espressione “occhi a mandorla”, una generalizzazione per nulla descrittiva. A dispetto dello stereotipo gli occhi orientali hanno infinite variazioni nella forma, tanto quanto quelli occidentali, e l’antidoto migliore all’universalità di una nostra idea preconcetta è la specificità della persona che si descrive. Per questo, quando ho descritto gli occhi di Won-ho, l’ho fatto con espressioni più particolari. E quanto alla sua altezza, una delle cose che volevo fare era infrangere lo stereotipo (questo molto attivo anche nel romance tra occidentali) dell’eroe tanto più alto dell’eroina: Valentina e Won-ho sono pressoché alti uguali. Si guardano costantemente negli occhi, e così finiscono per innamorarsi.
Anche se è normale trovarsi spaesati di fronte all’aspetto di un’etnia diversa da quella che conosciamo, ho usato il punto di vista di Valentina come un canale familiare per le lettrici, un punto di vista culturalmente vicino al loro ma anche in contatto con questa realtà diversa, e quando una lettrice mi ha detto di essere riuscita ad apprezzare la bellezza orientale grazie al libro ne sono stata molto felice. Per il colore della sua pelle, la forma dei suoi occhi, la sua lingua Won-ho è innegabilmente diverso da Valentina, ma guardandolo attraverso il suo punto di vista ho cercato di avvicinarlo alle lettrici, presentando un tipo diverso di eroe romantico.
Infine, al di là di ogni possibile negoziazione di differenze, riconciliazione di opposti e attrazione, ogni relazione interculturale in cui gli amanti si incontrino in un paese straniero porta con sé la promessa del dolore.
Quando nasci e vivi a ottomila chilometri di distanza l’uno dall’altra trovarsi vuol dire temere di perdersi e ogni compromesso non può che essere un sacrificio da parte di uno o entrambi. Conoscere l’amore in un paese così lontano, così diverso, non vuol dire soltanto imparare a raggiungersi al di là delle barriere culturali e imparare a capirsi, ma vuol dire affrontare il rischio profondamente reale di toccarsi soltanto per perdersi.
Le cesoie di Busan è una storia divertente, romantica, a volte sexy; ma c’è una tensione più scura che lo attraversa, il frutto amaro di una relazione complessa come quella di Valentina e Won-ho. Il problema di fondo dell’innamorarsi in Corea è il giorno in cui poi dovremo tornare a casa. E la mia difficoltà finale con il romanzo è stata riuscire ad accettarlo.

IN ANTEPRIMA, LA COVER 
DELLO SPIN OFF " BAD GIRL" !!! 



IL GIVEAWAY

In un romance due culture diverse costituiscono una ricchezza o un problema?   

Avete tempo fino a domenica 3 luglio per rispondere a questa domanda in base ai vostri gusti e la vostra sensibilità,  con la possibilità di aggiudicarvi una copia digitale del romanzo Le cesoie di Busan.
I contributi  verranno vagliati da Karen Waves, che decreterà il vincitore scegliendo la riposta che la colpirà maggiormente, 


Vi saluto con il LINK  al nostro post dei giorni scorsi, che riporta il calendario del blog tour - siamo solo agli inizi del viaggio! - e il collegamento alla nostra recensione de Le cesoie di Busan 

4 commenti:

Unknown ha detto...

Rispondendo alla domanda del giveaway di Le Cesoie di Busan
In un romance due culture diverse costituiscono una ricchezza o un problema?
Credo che leggere romanzi con queste differenze di culture possa solo arrichire un lettore e soprattutto incuriosire a scopprire e perché no amare e apprezzare queste letture per la diversità e la bellezza di questi paesi.

NotLoved ha detto...

Mi è piaciuto tantissimo come Karen abbia raccontato della nascita del suo libro e la scelta di usare meno stereotipi possibili.
Rispondendo alla domanda, credo sia un po' entrambe le cose.
Credo che due culture diverse in alcune occasioni potrebbero andare incontro ad incomprensioni e fraintendimenti dovuti a provenienze differenti, seppur portando poi ad una conoscenza più ampia della persona e del suo background.
Sta poi all'autore far sì che gli eventuali problemi vengano affrontati in modo da portare ad un arricchimento per i personaggi e la storia che vada oltre il più o meno lieto fine.

Sarah Bernardinello ha detto...

Due culture diverse costituiscono un problema o una ricchezza? Io propendo per la seconda. Due persone, quando stanno insieme, si accettano e si adattano l'un l'altra. Allo stesso modo, due persone di nazionalità e culture diverse, all'inizio potrebbero avere delle difficoltà ad adattarsi. Imparare a conoscersi può aiutare, perché l'amore è universale.

Unknown ha detto...

Amanda Foley.
Non vedo perché la differenza culturale dovrebbe costituire un problema, semmai un arricchimento. Lo scopo della lettura dovrebbe essere quello di conoscere, apprendere, confrontarsi, scontrarsi persino, a volte, ma per crescere. Dove lo mettiamo il detto che leggere è come viaggiare senza l'ingombro delle valigie? Dal proprio divano la lettura di un buon libro è in grado di portarci a migliaia di km, farci vedere cose con gli occhi della mente, sentire odori e scoprire sensazioni che non si sono vissute direttamente sulla propria pelle. Il cervello umano ha un dono meraviglioso: l'immaginazione. Essa ci serve per vedere oltre, per osservare con gli occhi della mente e del cuore. E sopratutto, un buon libro che affronta il tema di culture diverse, spinge il lettore attento ad aprire maggiormente le porte dell'empatia, qualità che ci permette di immedesimarci nei sentimenti degli altri il più possibile pur non avendo vissuto la stessa esperienza. Un lettore serio legge per entrare in contatto con realtà uguali, simili oppure completamente diverse dalle nostre e sono proprio le più diverse a regalarci delle esperienze che arricchiscono, incluso un viaggio in una cultura che non conosciamo. Come lo scrittore deve entrare in personaggi molto diversi da lui, deve essere uomo, donna, giovane, vecchio, bello brutto, buono o cattivo, così il lettore. Non bisogna essere un assassino per scrivere un giallo, grazie al cielo chi scrive thriller seriali di qualità, non è un serial killer di professione. Ci sono uomini che scrivono di donne cogliendo perfettamente nel segno (senza avere disfunzioni ormonali) e donne che fanno viceversa. E potrei andare avanti per ore trovando argomenti a sostegno di quanto ho appena scritto, ma non voglio farmi trasportare oltre, per non annoiare chi mi sta leggendo. Quindi, per rispondere alla domanda in questione: ben venga la diversità culturale!