mercoledì 23 ottobre 2013

IL GIOCO DELL'INGANNO Adele Vieri Castellano Anteprima

Donne, "vittime" della Suburra.
Lettrici, schiave dell' antica Roma
Romantiche in astinenza da descrizioni indelebili.
Cuori in cerca di una nuova intensa storia d'amore.
Amiche in attesa di salire in gondola....
e vivere una nuova intensa e indimenticabile avventura.
 
 
 
DAL 31 OTTOBRE IN LIBRERIA
 
 
IL GIOCO DELL'INGANNO
Adele Vieri castellano
 
 
Editore: Leggereditore
Collana: Narrativa
Genere: Romance storico
Pagine: 480
Prezzo: 10.00
Brossura
 
 
 
Trama
 
 
Venezia, 1796. Lorenza, la giovane figlia del barone Marianin, sa che la attende un matrimonio senza amore e vuole concedersi un’ultima giornata di libertà tra le calli invase dalla folla colorata e festante del Carnevale. Bellissima e spavalda, non sa che la frenesia e la confusione nascondono grandi pericoli per una ragazza sola e sta per essere vittima della violenza di due uomini mascherati. Ma in suo soccorso arriva la più fosca e sinistra delle maschere: la baùta. Chiunque si nasconda dietro quel volto di cartapesta, ha negli occhi e nella voce il fascino della notte che è insieme rifugio dei briganti e covo delle stelle. Aristocratico o spia, la baùta non vuole rivelare il suo nome, trincerandosi dietro la sua fermezza elegante e decisa. Lorenza sa che non riuscirà a dimenticarlo, senza immaginare che poco tempo la separa dall’incontrarlo di nuovo… L’uomo misterioso è un’ombra tra le ombre che si muovono nella fitta rete di inganni della politica veneziana, in cui Lorenza sarà presto coinvolta in un crescendo di rivelazioni fatali e infuocata passione.
 
 
 
 
L'autrice
 

 
 
 
Quando scrivo sono Adele Vieri Castellano, il nome della mia bisnonna, ligure doc e cugina di un ufficiale che combatté a fianco di Garibaldi, in Sud America e per l’Unità d’Italia. Lo spirito combattivo e la testardaggine probabilmente li ho ereditati da loro. Sono nata a metà degli anni sessanta, ho vissuto per cinque anni in Francia, ho girato mezzo mondo ma gli unici punti saldi della mia vita sono sempre stati lettura e scrittura. A nove anni, il mio primo racconto di fantascienza, a dodici in edicola compravo Topolino ed Urania, la storica pubblicazione di letteratura fantascientifica di Mondadori. Appassionata di storia antica, di due periodi storici in particolare, l’antica Roma e l’Egitto, oggi vivo a Milano, lavoro e traduco per case editrici italiane. Collaboro con il blog “La mia Biblioteca Romantica”. Scrivere racconti e romanzi d'amore è da sempre la mia più grande passione.

SERIE ROMA CAPUT MUNDI:

1. Roma 40 D.C. Destino d'amore 2012 Leggereditore (recensione qui )
2. Roma 42 D.C. Cuore nemico 2013 Leggereditore (recensione qui )
3. Roma 39 D.C. Marco Quinto Rufo 2013 Leggereditore (recensione qui )
 
 
Poichè non mi piace fare le anteprime, perchè sono spesso un copia e incolla della scheda del libro, ho chiesto all'autrice di regalare alle lettrici di Sognandotralerighe, un passaggio de IL GIOCO DELL'INGANNO.
Lei come sempre, con un affetto e una gentilezza disarmanti, questa mattina mi ha spedito un pezzetto davvero intenso..... una scena in cui Il Barone Marianin (padre di Lorenza), incontra per la prima volta Jacopo Barbieri. Mi ha rapito, e in appena due pagine sono riuscita a figurarmi la stanza in cui è avvenuto l'incontro, e lo sguardo intenso di Jacopo Barbieri.... che niente ha da invidiare al Grande Marco Quinto Rufo.... con una premessa così.... vi lascio a questa potente scena:
 
 
"La porta si chiuse alle sue spalle con un lieve rumore e il barone Giancarlo Marianin rimase solo. Diede una rapida occhiata alla stanza. Uno scrittoio con carte e libri, un calamaio, un tagliacarte d’avorio e uno strano oggetto di metallo, una specie di stella a cinque punte.
Sopra al camino il ritratto di un uomo con un cappello piumato, lo sfondo intorno alla figura rosso talmente cupo da sembrare nero.
Dalla tela spuntavano solo il volto severo, due occhi truci che inchiodavano l’osservatore e le mani, poggiate in grembo e decorate della candida spuma dei polsini.
Un’altra notevole presenza erano i libri: due pareti straripanti di volumi manoscritti, pergamene e, su un’alzata di legno vicino alla finestra, un libro aperto vecchio di qualche secolo. La pagina era fitta di quella scrittura minuziosa degna di un’opera d’arte e attorniava una miniatura, lo scorcio di un orto con un monaco, immortalato nell’atto di posare in una cesta i frutti della terra.
Mentre fissava la pagina il barone si armò di tutta l’ira accumulata nelle ultime quarantotto ore.
Ripensò intensamente al momento in cui aveva compreso che Lorenza si era allontanata, alle ore prima e dopo pranzo, quando il cibo sulla tavola si era raffreddato e fuori tuonava così forte da far tremare le stoviglie e lui aveva atteso, le mani posate sulla tovaglia bianca. E tutte quelle successive, più in ansia che adirato, pregando Dio che non le fosse accaduto nulla; fino al momento in cui aveva udito dalla bocca di Tommaso come e dove si fosse conclusa la pazzia della figlia.
Le mani gli tremarono a tal punto che dovette congiungerle davanti al mento e chiuse gli occhi. Era ora arrivato il momento di sfogarsi.
Lo avrebbe fatto davanti a quel depravato privo di spina dorsale, che stava per incontrare: lo avrebbe trasformato in una medusa tremante, lo avrebbe umiliato, strapazzato, intimandogli di tener la bocca chiusa altrimenti ci avrebbe pensato lui, il barone Giancarlo Marianin, a distruggere le ultime briciole di reputazione che ancora aveva appiccicate sul di dietro.
Che fosse un pederasta?
Non aveva nessuna importanza, lo avrebbe scoperto di lì a poco quando, aperta la porta, avrebbe incrociato lo sguardo di quel miserevole discendente di antica nobiltà.
«Viene dallo scriptorium di Bobbio, è un dono alla mia famiglia del cardinale Federico Borromeo, che recuperò novantasei volumi dal monastero per portarli nella Biblioteca Ambrosiana
Il barone si voltò di scatto, non aveva neppure udito la serratura e la creatura feroce che aveva preso vita dentro di lui si acquattò, per aggredire con un balzo la sua vittima.
Si fissarono per un lungo momento.
L’uomo appena entrato ricambiò quel primo sguardo con la fredda, impassibile immobilità di un serpente e la nuda creatura artigliata dentro di lui si ritrasse. La sua volontà, la sua ira, la sua determinazione, vacillarono di fronte a quell’unico occhio. Bastava anche per quello perduto, nascosto da una benda nera.
La rabbia che avrebbe dovuto possederlo si trasformò in incertezza, perché l’aspetto del conte non era affatto come lo aveva immaginato. Non era basso, non aveva il corpo flaccido dei pigri, non vestiva con ricercata eleganza, non portava leziose parrucche, né nei posticci. Le mani non erano molli ma forti come quelle di un soldato e la sua espressione non aveva nulla di vizioso né di disilluso.
Il barone gettò un’occhiata fugace all’uomo del ritratto riconoscendo in quei due esseri una somiglianza, che andava ben al di là della parentela. Cogliendo il suo sguardo Barbieri commentò, mentre avanzava verso di lui:
«Un mio avo, combatté a fianco dell’ammiraglio Francesco Morosini, nel 1684.»
Il barone si schiarì la voce e osservò la mano destra di Barbieri, tesa verso di lui come la punta di una lancia. L’impressione fu confermata dalla stretta: ruvida, solida e decisa.
«Mi sono permesso di ordinare un corroborante» gli disse e, prima di sedersi, il conte guardò fuori dalla finestra, dietro lo scrittoio. La pioggia scendeva sottile e, anche se mancava poco all’ora di pranzo, sembrava che il cielo fosse già quello dell’imbrunire.
Si udì bussare. Entrò un valletto, reggeva un vassoio con due bicchieri e una caraffa. Il conte sedette dietro allo scrittoio.
«Accomodatevi, prego. Ho mandato la governate ad avvertire vostra figlia e la sua cameriera che siete arrivato.»
Calò il silenzio, si prolungò per alcuni istanti, istanti durante i quali ciascuno dei due riordinò i propri pensieri, li soppesò e valutò l’altro.
«Mia figlia sta bene?»
«Presumo di sì e presumo conosciate anche le circostanze in cui l’ho soccorsa.»
Il tintinnio della caraffa sull’orlo dei bicchiere e il profumo fruttato del Madera si levò tra i due uomini. Il valletto si eclissò, Barbieri fece rotolare il liquido porpora all’interno del bicchiere.
«Il mio giovane tuttofare, Tommaso, mi ha raccontato ogni cosa.» Disse il barone con quanta più freddezza riuscì a racimolare ma era sconcertato; avrebbe voluto capire perché la sua prima impressione di quell’uomo discordava così tanto dalle dicerie.
Bevve un breve sorso per prendere tempo e intanto fissò pollice, indice, medio del conte che giocherellavano con la stella di metallo. Si concentrò tanto su quei movimenti che, quando la voce dell’altro riempì la stanza, sussultò.
«Incredibile come forme poco comuni attirino l’attenzione.» Barbieri gli porse la stella sul palmo con un luccichio nell’occhio. Lui afferrò l’oggetto leggero ma consistente, con le punte affilate.
«E’ un’arma, anche se può sembrare strana.» Gli spiegò.
«Come funziona?» chiese lui, soppesandola.
«Mi avevano detto che siete stato un buon soldato da giovane, barone.»
«E’ passato molto tempo, tanto che non lo ricordo.»
«E’ giapponese. Viene scagliata verso il nemico con un movimento del braccio e, se dotata di sufficiente forza e mira, può risolvere situazioni imbarazzanti senza il minimo rumore.»
«Il Giappone. Ne ho sentito parlare ma so che rifiutano ogni contatto con gli stranieri.» Il barone posò l’arma sul tavolo, guardandola con rispetto.
«Mi piace collezionare armi da taglio, questa è il dono di un amico che l’ha portata via clandestinamente. Sembra che sia l’arma preferita di una misteriosa setta chiamata ninja
«Avete un passatempo originale per essere un uomo dedito a donne, vino e gozzoviglie.»
Barbieri sorrise con aria da cospiratore.
«La noia è la peggior nemica di un uomo. Così, per alleviarla, mi interesso di amenità nel tempo che mi resta, mentre salto da un letto all’altro.»
Giancarlo Marianin si abbandonò al sorriso con tutto comodo, provando un’istintiva affinità per il suo interlocutore.
«Chi crede a queste sciocchezze è uno stolto o un cieco. Non ne conosco il motivo, ma non cercate di farmi credere quello che non siete Barbieri, e comincio a pensare che Tommaso dicesse la verità.»
I suoi occhi si fecero attenti per scoprire qualsiasi cambiamento sul volto dell’uomo di fronte a lui, ma questi rimase impassibile mentre chiedeva, piuttosto annoiato:
«A proposito di cosa?»
«A proposito del fatto che avete rischiato la vita per salvare mia figlia e i miei servitori.»"
 
 
 
GRAZIE ADELE, 
FISSIAMO LA SABBIA DELLA CLESSIDRA.....
NELL'ATTESA CHE ARRIVI IL 31 OTTOBRE!!!!
 
Alle lettrici consiglio di dare un'occhiata al blog di Adele, dove c'è un' accurato post riguardante il periodo in cui è ambientato il romanzo..... un ripassino non fa mai male, e aiuta a calarsi già nell'atmosfera storica: